domenica 27 giugno 2010

MULTICULTURALISMO E RINNOVAMENTO: IL CALCIO INSEGNA ANCHE VALORI POSITIVI

Germania show. E l'Inghilterra soccombe, recriminando per un goal grande come una palazzina di Manhattan (a proposito, ma la Storia si è vendicata? ).
Eppure, nonostante tutto, ha vinto la squadra che ha giocato bene a calcio. E che calcio! Per dirla tutta, la Germania ha per la prima volta un gioco degno di esser chiamato tale. Rapidità e fluidità conservando la solita fisicità teutonica.
Essenzialmente, il perché di tutto ciò sono due: 1) investimenti sui giovani di belle speranze [questa è la Germania più giovane dal 1934] e 2) un multiculturalismo diffuso e ben implementato.
Se prima i calciatori potevano chiamarsi Lothar, Franz, Jurgen, Gerd o Karl, adesso si diffondono a macchia d'olio i Serdar, i Mesut, i Jerome, i Jeronimo, i Piotr e i Dennis. Una Germania (calcistica e non) fatta di (giovanissimi) ragazzi turchi, ghanesi, brasiliani, polacchi di seconda generazione (tutti nati in suolo tedesco, specialmente nella zona industriale per eccellenza, la Ruhr).
Segno che il multiculturalismo non produce solo ladri e stupratori (vaglielo a spiegare ai leghisti!). E segno, tra l'altro, che dove si da spazio ai giovani non si finisce sempre gambe all'aria (calcisticamente e non).
Ma questo vaglielo a spiegare agli italiani...

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