martedì 22 giugno 2010

CONATUS SESE SERVANDI (scritto da me un anno fa, ma non per questo meno attuale)


Anzitutto cos'è il "conatus sese servandi"? Per chi non ha familiarità (e nemmeno remote reminiscenze) con la lingua latina, la traduzione tout court di questa perifrasi è "impulso di autoconservazione". Adesso credo (e spero) che le persone spaventate dal titolo latineggiante possano pacificare i loro animi.
Sfogliando i manuali di antropologia filosofica e scandagliando qua e la tra le ricerche di Sigmund Freud e Charles Darwin si comprende come questo impulso sia fondamentale per l'uomo in quanto solo grazie ad esso l'umanità ha potuto avere un futuro. Il suddetto "conatus" inerisce la parte egoistica dell'uomo che ai primordi della vita sulla Terra ha potuto soddisfare le proprie pulsioni primarie. Lo scontro filosofico - antropologico su questo discorso è stato ampio e pieno di tesi (spesso) contrastanti fra loro (si veda Hobbes e il suo "stato di natura in perenne conflitto" contro l'ipotesi rousseauiana di una "naturale asocialità dell'uomo che, per questo, viveva beato in natura" per poi arrivare all'antropologia tedesca di inizio 900). Se queste tesi hanno (quasi) completato l'analisi di questo tema a livello antropologico, nulla è stato detto di questo impulso a livello politico (anche perché l'autoconservazione in politica è maturata solo negli ultimi cinquant'anni). Allora è cosa giusta studiare (o almeno iniziare a farlo) questo fenomeno che si sta radicando in silenzio nei costumi socio-politici planetari.
Come e perché nasce? Quanto è radicato? E' possibile un cambiamento? Domande interessanti alle quali cercherò di dare risposte perlomeno adeguate.

Alla prima domanda - ovvero sui motivi della nascita - credo sia semplice rispondere. Questo malcostume, infatti, è nato con gli agi e i lussi che il potere porta e comporta. Quello cha accade nei politici oggigiorno non è molto differente da ciò che Rousseau immaginava essere accaduto agli uomini primitivi che un giorno "s'accorsero che era utile a uno solo avere provviste per due" e, fatto ciò, da allora lottarono per quel surplus inutile che "da eccezione divenne regola". Ma ciò è accaduto sempre e purtroppo sarà per sempre. Basti pensare che negli anni 60 avere la TV in casa era un lusso di pochi, ora invece non sapremmo vivere senza. Il lusso, la ricchezza e l'ozio si istallano e sempre più si solidificano nelle mentalità fino a diventare parti costitutive della nostra vita. E - ahimè - la politica non è certo immune da questo vizio!
Anzi per completezza di ragionamento, in politica questo impulso egoistico è ben più forte perché il radicarsi di un vizio è strettamente connesso al potere e ai privilegi che questo comporta!
Ed è noto, grazie alle ricerche presenti ne "La Casta" e "La Deriva" degli ottimi Rizzo e Stella e alle indagini di Marco Travaglio, Peter Gomez ed Elio Veltri, cosa significa fare politica (soprattutto ad alto livello...ma anche "in basso" non si scherza!) in termini di guadagno personale.
Questo spiega perché a tutti i livelli non mancano mai uomini disposti a tutto pur di non mollare la poltrona! E questo si badi bene mortifica tutte quelle energie nuove, ricche (di idee!) e impetuose che potrebbero veramente cambiare la società! Ma il "conatus" è forte...d'altronde come non capirlo dopo che s’è ingolosito tanto nelle stanze dei bottoni!!!
All’ultima domanda rispondere sarà più complesso se non altro perché il dibattito è ancora apertissimo. A mio avviso, le risposte però dovranno avere una radice comune: il Rinnovamento.
I ragazzi (me compreso) devono avere il coraggio di capire che se la politica è “sporca”, “vecchia” e “lontana dalla gente”…non è detto che lo debba essere in eterno!

In ultima analisi è facile comprendere che il “conatus sese servandi” è il principio che regge il Mondo del nostro tempo, il tempo dell’Individualismo. Tempo orrendo il nostro nel quale “conta solo il proprio Ego e l’altro (in tutte le sue forme) e il futuro (visto sempre più come minaccia) scompaiono dal panorama della moralità” – per citare il filosofo Gilles Lipovetsky.
Ma anche se orrendo, questo è il NOSTRO tempo e perciò tocca a noi gestirlo al meglio.
Ecco allora che si palesa la sfida millenaria dell’uomo: saper sfruttare/leggere al meglio il proprio tempo per il bene di tutti.

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